POSTILLA AL LIBRO
Due concetti per me fondamentali del buddismo sono la vacuità e il sorgere-dipendente.
La vacuità è un concetto molto complesso che il principe Gautamo (Buddha) riuscì ad afferrare l’ultima notte prima di risvegliarsi. Notò come ogni cosa, sorge dipendentemente alle sue cause e alle sue parti. Ogni oggetto lo si può suddividere nelle sue parti e ognuna di queste parti non è possibile trovare il “sé” dell’oggetto preso in questione. Ad esempio, se si prende un fiore, né i suoi petali, né il suo fusto, né nessuna altra parte del fiore è il fiore in sé: ogni cosa è vacua di un sé auto fondante. Se ti chiedessi di indicarmi un fiore, forse mi indicheresti un petalo, o il suo pistillo, o lo stelo, ma non puoi trovare qualcosa che sia il fiore stesso, che è fiore. Questo non vuol dire che i fenomeni non esistano del tutto, vuol dire che non esistono come pensiamo noi, non per forza esistono nel modo in cui pensiamo che siano e che essi possono agire da causa ed effetto, possono arrecarci sensazioni positive o negative, ma questo non per una loro qualche natura fondamentale. Gli oggetti sono punti vacui di qualsiasi identità intrinseca, perché altrimenti tramite l’analisi e l’osservazione la si potrebbe trovare, ma non è così. Ogni cosa nell’universo non è ‘così’ per sua facoltà ma per cause antecedenti, perciò è evidente che nulla di quello che ci sembra reale, permanente, lo è per davvero. È un po’ come vedere una rete e fissarsi solo sui singoli punti di intreccio, senza guardare le connessioni in mezzo: Buddha ti dice “apri gli occhi”.
Ad esempio, l’uomo definisce una torta “bella” come se avesse una natura intrinseca completamente diversa dall’immondizia, ma così non è. La torta è semplicemente ad un altro stadio del suo inter-essere. Come l’albero d’estate ci sembra per sua natura bello, come se questa fosse la sua natura auto fondante e non dipendente da cause e condizioni, d’inverno non potrebbe essere rinsecchito e spoglio. Bisogna cercare di vedere nel seme la quercia e nella quercia il seme. Qualcosa di intrinsecamente esistente, che non dipende da nulla, che esiste per sua facoltà, non potrebbe subire l’influenza del tempo, ma ciò sarebbe del tutto impossibile. Tutto cambia, noi compresi, accettarlo è trovare la pace. L’impermanenza, questo è un concetto fondamentale.
La nostra mente ha un potere straordinario, ed è letteralmente un lusso che non tutti gli esseri viventi possiedono, ma se usata nel modo errato può creare anche molti danni. Ogni “sé” che crediamo esistente, sorge-dipendentemente dal pensiero. Se non ci fosse la nostra mente che concettualizzasse tale insieme di parti come un tavolo, un’automobile o un libro, quell’oggetto non esisterebbe. Dobbiamo capire che dando i nomi ad ogni cosa rischiamo di rimanere intrappolati nei nostri errori e nelle nostre false interpretazioni, nella nostra mente fondamentalmente. Perché una cosa esista è necessario che cause e condizioni si presentino. Perciò come può avere, un fenomeno, una propria natura che non dipenda da queste cause e condizioni?
Il primo impartito dal Buddha dopo l’illuminazione fu quello delle Quattro Nobili Verità.
La prima Nobile Verità è quella della sofferenza. La sofferenza esiste, in qualsiasi piano di esistenza, non esiste persona o animale che non si ammali o che non soffra in qualunque modo. Accettarlo vuol dire sentirsi meno soli, sentirsi parte di questa grande famiglia che è la vita. Famiglia che comprende tutti gli individui, che ognuno a loro modo cerca di sfuggire a tale sofferenza, e trovare la felicità. Questo è il principio di tutte le nostre vite e di tutte le nostre azioni, anche se spesso ci contorciamo nella nostra stessa mente.
La seconda Nobile Verità è quella dell’origine della sofferenza. La sofferenza ha cause ben specifiche, non esiste in sé e per sé, nel caso dell’uomo è la errata interpretazione della realtà e dell’”io”. L’attaccamento al mio modo di vedere le cose, alla mia persona, ai miei oggetti.
La terza Nobile Verità è quella della cessazione della sofferenza. Questa sofferenza esiste dipendentemente alle sue cause perciò è possibile sbarazzarsene rimuovendo tali cause, cioè rimuovendo l’ignoranza che interpreta in modo errato la realtà.
La quarta Nobile Verità è quella del sentiero. Il sentiero è la strada da percorrere per rimuovere la sofferenza e trovare la felicità. Il sentiero consiste nella pratica della generosità della compassione, non in senso di pena o di superiorità come al giorno d’oggi viene pensata nel linguaggio comune, ma compassione che coinvolge tutto e tutti con equanimità. Compassione nel senso più etimologico, cioè “sentire-con”. Rinunciare ai propri desideri e ai propri attaccamenti per dare gioia e amore a ogni creatura sulla terra. Perché tutti meritiamo di sfuggire dalla sofferenza, o samsara, e raggiungere la beatitudine, la felicità, la pace, o nirvana.
Questo per me è il buddhismo. Amore e pace. Non la considero una religione ma un vero proprio stile di vita. Coltivando in noi i semi della compassione, della pace e della visione profonda, e ne sentiamo chiaramente i benefici. Gli oggetti materiali lentamente perdono la loro concretezza e non mi interessano più. La fama e il potere non diventano più cose che bramiamo. Capire la logica del sorgere-dipendente ti fa capire quanto noi siamo tutti interconnessi e interdipendenti uno dall’altro.
Per visione profonda intendo vedere le cose oltre a come semplicemente appaiono. Visione profonda vuol dire vedere in una casa le nuvole che hanno dato l’acqua per crescere all’albero per poi permettere al boscaiolo/falegname di tagliarlo e costruirla, vedere che tutto ciò non sarebbe stato possibile se i suoi genitori non avessero deciso di avere un figlio, e così a ritroso tutti i suoi antenati. Non abbiamo idea di quante cose siano state necessarie perché il nostro universo sia esattamente così come è ora. Anche per avere il mio stesso computer ci sono volute un numero esagerato di persone, penso solo a tutti i dipendenti della miniera dove hanno estratto ogni metallo prezioso, all’ufficio di direzione, al reparto marketing, al commesso che me lo ha potuto vendere, alla mia banca che mi ha dato una carta di credito. Questo vuol dire avere una visione profonda delle cose, e lo sforzo vero è quello di vederlo sempre. Siamo tutti inter-connessi e inter-dipendenti. Perciò è fondamentale per esseri felici dedicarsi al prossimo e alla felicità altrui, perché facendo del bene agli altri facciamo del bene a noi, impariamo a relativizzare i nostri problemi e magari essere più comprensivi, pazienti, anche nei nostri stessi confronti.
Il concetto di sorgere dipendente, o esistenza dipendente, indica semplicemente che ogni cosa esiste dipendentemente a qualcos’altro, e quindi non per sua propria facoltà. Le cose possono essere dipendentemente esistenti o indipendentemente esistenti, tale è una dicotomia, o è una cosa o è l’altra.
Riflettiamo assieme. Se qualcosa esiste per sua facoltà (quindi indipendentemente) esiste sempre, non muta, non necessita delle sue parti né di qualsiasi altro fattore o condizione, è auto creato. Spesso le persone credono in un Dio creatore che corrisponde a questa descrizione oppure che il nostro stesso sé, per i cristiani l’anima, abbia tali proprietà.
Se, invece, consideriamo qualcosa di dipendentemente esistente questo non ha un proprio sé, perché non apparterrebbe all’oggetto stesso ma alle cause e condizioni che gli hanno permesso di esistere. Qualcosa dipendentemente esistente esiste non per sua natura ma per merito del riunire queste condizioni e cause, insieme alle sue parti.
Io sono dell’opinione che le cose siano dipendentemente dipendenti e non dico che abbia ragione, anzi ti chiedo di dimostrarmi in tutti i modi che mi sbaglio.
Ogni cosa è, oggettivamente, formata dalle sue parti: un tavolo è formato da un piano più delle gambe, che il nostro cervello può concettualizzare come tavolo. Se ti può sembrare strano, ricordati che noi non vediamo con i nostri occhi, ma con il cervello che è in grado di tramutare le onde in forme ed attribuirgli un significato che poi ci pare la realtà. Perciò è evidente che perché il tavolo sorga sono necessarie le sue parti ma anche il pensiero. Se tu non lo stessi guardando e dandogli quella forma, quel significato che hai acquisito guardando una miriade di tavoli diversi, il tavolo non sarebbe un “tavolo”, ma solo le sue parti. Una casa, o qualsiasi altro oggetto impermanente, sembra avere un proprio sé, delle caratteristiche autofondanti, ma non le possiede davvero. Una casa ci può sembrare che possa esistere senza necessitare nulla ma ci sbagliamo, e di grosso. Necessita di muratori, cemento, legna, un ingegnere, … Spesso ce ne scordiamo e le cose ci appaiono come se esistessero per conto loro, ma niente ha davvero questa facoltà. Parlando del pensiero, ogni cosa sorge dipendentemente al pensiero, ogni cosa che percepiamo come reale lo è solo per merito del pensiero. Sensazioni, sentimenti provengono tutti dal cervello. Nulla, per noi, potrebbe esistere senza il cervello. Ha dei difetti però, il nostro cervello tende a scattare foto, e fare pochi video. Mi spiego: il nostro cervello tende a immortalare le cose, e definirle intrinsecamente come tali, quando invece ogni cosa è in continuo cambiamento e trasformazione. Impermanenza, si torna sempre lì. Ad esempio, noi stessi, ci consideriamo profondamente diversi dalla terra, dalla polvere, dall’aria ma non è così. Siamo solo in un altro stadio della nostra esistenza. Quando moriremo le nostre cellule si decomporranno e diventeranno la terra che permette al seme di crescere e questo ciclo meraviglioso chiamato vita andrà avanti. Noi, il nostro “Io” non esisterà più, ma in un certo senso noi saremo ancora presenti: le nostre parti saranno disperse in luoghi diversi, in forme diverse, ma non si può dire che non ci saremo più. “Siamo tutti polvere di stelle” non è una frase detta a caso da qualche romantico. Il nostro “io” non ci sarà più, ma perché forse non c’è mai davvero stato, ma di questo parlerò un’altra volta. Dicevo, ad esempio la mela e l’immondizia sembrano profondamente diversi, ma se aspetti qualche settimana quella mela non ti sembrerà poi così diversa. Questo non vuol dire che nulla esiste, non fraintendere, vuol dire solo che esiste per merito di condizioni e cause, tra cui le sue parti e il pensiero. Nulla può sorgere indipendentemente, perché non può non dipendere dalle sue parti e dal pensiero.
Nella scienza, quando si parla della storia dell’universo, un elemento fondamentale sia per la sua formazione ma anche per tutti i fenomeni che avvengono è la contingenza, o dipendenza causale. Mi fa sempre incuriosire terribilmente quando ritroviamo elementi comuni tra il nostro piccolo e le leggi dell’universo. La contingenza è, secondo gli scienziati moderni, il potere causale del singolo dettaglio storico, o, se preferite, la dipendenza dalla storia: il concetto è sempre quello, nulla esiste di per sé ma ci sono delle cause che lo portano ad essere in un modo. La sensibilità all’evento contingente accomuna i processi più importanti che ci riguardano direttamente: l’evoluzione cosmica e biologica; lo sviluppo individuale; le nostre stesse vite con i loro incontri determinanti e le svolte cruciali. Anche l’universo si divide tra leggi e caso e quindi la contingenza può assumere gradi differenti. In alcuni frangenti, particolarmente fluidi, la sensibilità è alta e molti punti critici spalancano alla storia una gamma di strade alternative, equamente probabili. In altri frangenti, più cristallizzati, la sensibilità è bassa perché le leggi invarianti del processo o i vincoli del momento rendono molto più probabili certi esiti rispetto ad altri. Questo vale per l’universo stesso o ad esempio per i cambiamenti climatici, ma ovviamente anche per noi. In quale fase della vostra vita vi trovate adesso: fluida o cristallizzata, ad alta o bassa contingenza?
La fisica quantistica sta dimostrando che la materia non è sempre uguale. Ha dimostrato che la materia muta e dipende da chi la osserva, non è nulla di per sé, non ha una vera natura, ma il suo modo di esistere dipende da chi la osserva. Ciò dimostra che le cose non sono assolutamente come sembrano, ma che sono sorte dipendentemente da altre.
Il nostro stesso sé è sorgere dipendente, non è auto creato, esiste quando le condizioni e le cause si riuniscono, in questo caso l’intero complesso del corpo-mente. Necessitiamo di un corpo, e di una mente che possano dare vita a un essere senziente. È evidente che il nostro corpo non si sia auto creato ma abbia necessitato dei nostri genitori, di cibo, acqua e luce, così la nostra mente dipende dal nostro cervello e il nostro cervello dipende dal nostro corpo. Lo stesso spazio non esiste di per sé, esiste solo per convenzione, esiste solo quando consideri un qualcosa “sopra” e di conseguenza esiste anche sotto, lo stesso concetto può essere portato con “Nord” “Sud”, “Est” “Ovest, ognuno di queste indicazioni di spazio necessitano dell’altro per esistere e non possono esistere in sé e per sé. Se sei ancora scettico, pensa che senza il buio non esisterebbe la luce ed ovviamente viceversa. Senza morte non c’è vita, senza sofferenza non c’è felicità: per qualsiasi cosa della nostra esistenza possiamo applicare questo concetto.
Sforzando di avere una visione profonda delle cose, cercando di vedere l’immondizia nella mela, il Sud nel Nord, potremmo liberarci da attaccamenti futili come quello delle cose materiali, che ci sembrano così permanenti e con caratteristiche che sembrano appartenere loro intrinsecamente quando invece è la nostra mente ad attribuirgliele: se una mamma guarda il disegno che gli ha fatto il suo bambino ci vede un artista, ci vede dell’amore e lo tiene per tutta la sua vita. Se un estraneo vedesse lo stesso disegno, nel migliore dei casi farebbe un sorrisetto ma non lo appenderebbe mai sul frigo, anzi probabilmente lo butterebbe. Liberandoci da tali concezioni eviteremo che le cose inevitabilmente con il tempo ci deludano (non per una loro colpa ma per il significato distorto che gli abbiamo attribuito) e, magari, se saremo fortunati, potremo capire cosa è davvero essenziale nella vita.
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